CAPITOLO 1 – PARTE 2
Benjamin e Silver si catapultarono fuori dalla tenda, non prima di avere impugnato una spada. Come loro altri compagni si aggiravano silenziosamente per il campo. Senza dubbio avevano avvertito gli stessi rumori ma nessuno ancora aveva lanciato l’allarme. Silver si affrettò a verificare che le sentinelle si trovassero ai posti di guardia. Nessuna, tutte sparite. «Qualcuno deve averle attirate nel boschetto….» sussurrò all’amico. Benjamin aggrottò le sopracciglia- «O peggio – rispose – qualcuno deve averle “comprate”». Aveva il cuore in gola. Per la prima volta in tutta la sua vita avrebbe dovuto affrontare un combattimento contro qualcuno che non fosse un suo compagno d’allenamento. Non si trattava di una simulazione. Non si sentiva pronto. Ben capì che i suoi timori erano fondati nel momento in cui sentì l’Arido gridare: «Hanno rapito due commissari di gara – era piombato fra loro con il volto quasi trasfigurato – li ho visti, stanno fuggendo per il bosco sacro». Ora anche il resto dei compagni aveva abbandonato il proprio giaciglio e brandiva un’arma, pronto a trascinare se stesso e il nemico nell’impeto dello scontro. Nonostante ciò, i 100 partecipanti alle gare di Enneas sembravano soggiogati dal panico e dall’incertezza. Le loro guide, i commissari di gara, erano state rapite. E quel che destava più stupore era l’oscurità che inghiottiva il campo. Torce e bracieri erano tutti spenti.
Nell’illustrazione di Irene Patara, la Ribelle (Giada Bonsi) mentre si avvicina all’accampamento
Benjamin e gli altri si lanciarono verso l’ingresso del bosco sacro dove, fra le ombre, l’Arido aveva visto scomparire i Ribelli con i commissari. La loro corsa si arrestò quando la debole luce lunare che accarezzava le statue di Kleion e Lilim mise in mostra anche qualcos’altro. I Ribelli erano schierati su una sola linea. Ben notò che erano quasi tutti nestidiani. Li vide nei loro volti abbronzati. Le loro barbe, folte e ricce, erano scure come la pece. Non erano numerosi ma il loro sguardo era agghiacciante. Silver era euforico: «Sono in pochi, li possiamo battere». Ben ebbe una brutta sensazione: «Non sappiamo come combattono e cosa c’è da aspettarsi». I due, assieme ai compagni stavano per lasciarsi alle spalle il campo. Videro un uomo avvolto in una lunga veste che si faceva largo fra l’abbondante vegetazione del boschetto. Prima ancora che Ben e Silver si rendessero conto di quello che stava succedendo, qualcosa di sorprendente accadde sotto i loro occhi. Un improvviso e violento vortice d’aria sollevava le tende, i tavoli, le armi. Tutto veniva trascinato verso l’alto ad alta velocità e rovesciato poi disastrosamente a terra. E non era finita…il campo stava bruciando. I partecipanti alle gare avevano preso a correre angosciosamente in diverse direzioni, cercando di mettersi al riparto. L’Arido, con gli occhi iniettati di sangue, sembrava non comprendere quello che stava succedendo e, abbandonato il gruppo di compagni, si stava gettando da solo contro la schiera dei Ribelli. Uno di essi avanzò di qualche passo e con una rapida mossa fece roteare il suo bastone e colpì in pieno volto l’Arido, stordendolo. Benjamin, nello scompiglio generale aveva perso di vista Silver e si trovava ai margini del campo. L’uomo dalla lunga veste doveva essere senza dubbio un archigeno dell’aria e del fuoco. Aveva procurato lui il vortice e l’incendio del campo. Era senza dubbio molto potente. In quel momento un rumore metallico lo costrinse a distrarsi dal terribile scenario. Si voltò. Davanti a lui stava una ragazza con il volto quasi interamente coperto da una maschera. La sua cintura scintillava di armi. Ma la cosa che più lo colpiva erano i suoi occhi, scurissimi e indagatori. Benjamin non esitò. Portò la spada sopra alla testa, in posizione di attacco, pronto per tirare un fendente. «Non voglio farti del male – disse la ragazza con voce autoritaria e con un chiaro accento nestidiano – riferisci agli altri commissari di Iperio che i Ribelli faranno di tutto per interrompere le gare e fermare questa umiliazione. Voi non avete idea…pensate che Bromiorn voglia offrirvi un futuro, in realtà ve lo vuole imporre…a voi, i figli di coloro ai quali l’ha tolto». Ben, stringeva ancora la spada sopra la testa, confuso: «Cosa intendi?». «Perché non lo domandi ai tuoi genitori? Credimi, soldato di Chtonian…impara a pretendere la verità. Da quando Re Berniorn è morto la gente ha voluto chiudere gli occhi…per timore…e per vigliaccheria!». La giovane si voltò per tornare verso i compagni nestidiani, facendo tintinnare i pugnali e un sacchetto con ghiande missili appesi alla cintura. «Aspetta…- Ben aveva abbassato la lama, ora sentiva che doveva andare a fondo – dimmi chi sei? E chi è l’archigeno?». La ragazza si girò brevemente e Ben vide una strana luce nei suoi occhi. Istintività ma anche purezza. Lei sorrise. «Se un giorno ti unirai a noi, lo saprai». In pochi istanti la giovane era sparita, con il resto dei Ribelli. Dileguati attraverso il boschetto. La tromba d’aria che aveva investito il campo era cessata, lasciando ampie lingue di fuoco a divorare gli attendamenti e gli alloggi degli uomini.
Entro l’alba il fuoco venne completamente domato. I compagni di Ben erano ancora increduli e spaesati. Era raro assistere all’azione dirompente di un archigeno di tale potenza. L’Arido se l’era cavata con una leggera lesione al cranio che gli aveva procurato vertigini e uno stato di confusione. Benjamin aveva riportato ai Consiglieri di Enneas l’avvertimento della misteriosa ragazza. Aveva omesso però, più o meno consapevolmente, la parte in cui la ragazza lo aveva esortato alla ricerca di una verità diversa da quella che gli avevano sempre raccontato. I Consiglieri avevano ipotizzato che la ragazza potesse essere una delle figlie di Rapsal, il capo dei Ribelli. Sotto il regno di Berniorn era stato dei governatori più importanti delle Terre di Nestis. I capi della commissione avevano poi annunciato il proseguimento delle gare. Gli arruolamenti per Iperio non sarebbero stati interrotti e il Governatore di Enneas avrebbe supervisionato le gare al posto dei commissari rapiti dai Ribelli. Così, dopo una giornata trascorsa a sistemare il campo e organizzare i preparativi perla prova della spada, ecco che giungeva il giorno più atteso da Benjamin. Alla mattina presto si era già assicurato che la sua spada fosse in condizioni perfette, affilandola più volte con la pomice. Quando furono estratti i turni di gara, Ben e Silver si ritrovarono di nuovo nello stesso gruppo. Era composto da dieci persone, ognuno doveva dunque affrontare nove duelli. Banjamin riuscì a vincerne quattro mentre Silver li aveva vinti quasi tutti. Quello contro Benjamin si era risolto in parità. E non perché Silver fosse stato clemente con l’amico. Ben ci aveva messo tutto se stesso. Si era preparato tutto l’anno per quella prova che avrebbe visto lui e il suo migliore amico uno contro l’altro. Gli piaceva confrontarsi con qualcuno molto più forte di lui, era qualcosa che lo spingeva ad andare oltre ai propri limiti. Durante il duello era accaduta però una cosa alquanto strana. Dopo che Silver lo aveva costretto ad una legatura per poi togliergli di mano la spada, Ben era finito a terra. Poi, inaspettatamente, una scintilla si era accesa dentro di lui…un nome: Alexandre. Un nemico delle Quattro Terre, così lo avevano sempre descritto…il braccio destro del re traditore. Ma in quel momento Ben aveva davanti a se solo l’immagine di un condottiero che se ne stava nobile e fiero, ritto sulle mura di Akras, con lo sguardo intrepido di chi sta per sacrificarsi per i suoi ideali. Benjamin aveva respirato un po’ di polvere per qualche secondo e poi si era rimesso in piesi, aveva ripreso velocemente possesso della sua spada, caricando un paio di fendenti verso Silver e mettendolo in difficoltà. Poi il tempo era scaduto. Per tutta la giornata Ben non aveva fatto altro che pensare alle parole della giovane ribelle. Impara a pretendere la verità. Nemmeno a Silver aveva confidato ciò che gli era stato riferito sulla storia dei re gemelli. Il suo stato d’animo non era per nulla cambiato quando, il giorno successivo, apprese di essere stato ammesso, come Silver, nell’esercito delle Quattro Terre, l’esercito al servizio di Bromiorn. Era un risultato insperato ma chissà perché quella notizia, che solo un paio di giorni prima l’avrebbe riempito di gioia, ora assumeva contorni ambigui ed inquietanti.
Per tutto il viaggio di ritorno verso Akras, Benjamin restò silenzioso e non volle unirsi ai festeggiamenti. Silver era preoccupato per l’amico. Ben era sempre stato insicuro e talvolta si chiudeva in se stesso ma ora c’era qualcosa di più. Il terzo giorno di viaggio Ben non riuscì più a custodire il suo segreto e Silver capì finalmente a cosa era dovuto il suo disagio. «Ti avrà detto quelle cose solo per confonderti, figurati…- Silver sembrava non dar peso alla cosa – il loro intento è proprio quello di farti passare dalla loro parte. E comunque se hai tutti questi dubbi non hai che da chiedere ai tuoi genitori…ho l’impressione che il buon vecchio Jeremis ti lancerà uno di quei nuovi mattoni che ha messo a punto». Ben aveva risposto con una risata che appariva un po’ distratta e poi la discussione si era chiusa lì.
Quando giunsero finalmente ad Akras il tormento interiore di Ben era alle stelle. Doveva parlare al più presto con suo padre. Passarono per la Porta di Barkvis, chiamata così perché orientata verso la capitale delle Quattro Terre. Barkvis, la capitale… – pensò Ben – ci hanno raccontato che quando governava re Berniorn si chiamava Tetravis. Quante cose sono cambiate…Passando attraverso l’imponente ingresso, appena sopra l’arco Banjamin notò qualcosa a cui non aveva mai prestato attenzione. Accanto allo stemma con il serpente sacro di Chtonian e a quello con il fulmine di Iperio, si intuiva una forma consumata, distrutta dal tempo o forse dell’uomo. Dimenticata o…rimossa. Un sole, o almeno questo sembrava. Si, sono cambiate davvero tante cose.